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Vediamo più nello specifico di che si tratta
In condizioni normali o per tipologie normali di pazienti i 3 sottosistemi di cui sopra garantirebbero la stabilità della spalla. Esiste un gruppo di individui che per conformazione fisica, scarso tono muscolare accompagnato generalmente da una iperlassità legamentosa di base piuttosto pronunciata, sfruttando contrazioni volontarie della muscolatura (in particolare del gran dorsale per lussare la spalla posteriormente e del gran pettorale per effettuare una lussazione in direzione anteriore) riesce a dislocare la spalla.
Iperlassità legamentosa
Quando questa iper lassità non è più in grado di garantire la centratura della testa dell’omero all’interno della glena ci troviamo di fronte ad una condizione patologica.
Questo tipo di paziente sono in grado volontariamente,di traslare l’articolazione.
A differenza di ciò che accade per le lussazioni traumatiche (TUBS), dove la percentuale maggiore di dislocazione è anteriore (per il 94% dei casi), per i lussatori volontari (coloro che sono in grado cioè di lussare la testa dell’omero sia su richiesta che a proprio piacimento) la direzione della dislocazione avviene principalmente in direzione postero-inferiore; una percentuale minore è in grado di deprimere inferiormente l’omero e una piccola parte è in grado di dislocare l’articolazione anteriormente. La spiegazione di queste dinamiche è da ricercare nel fatto che la capsula posteriore al contrario di quella anteriore non è rinforzata da legamenti. Inoltre un fattore predisponente può ulteriormente essere rappresentato dal fatto che può esserci una retroversione della superficie di contatto della glena. Infine anche gli stabilizzatori dinamici posteriori sono meno forti rispetto a quelli anteriori.
Una parte di questi soggetti sono in grado di lussarsi soltanto creando una catena cinetica chiusa (con le mani unite o in appoggio su di una superficie), alcuni altri invece deprimono la spalla, iperangolano la scapola ed eseguendo una anteposizione di spalla associata ad intrarotazione, altri ancora hanno la capacità di dislocare la testa omerale in qualunque posizione si trovi il braccio.
lussazione in catena cinetica chiusa
Uno dei segni più evidenti che possono orientarci verso il sospetto che ci troviamo di fronte ad un lussatore volontario è la presenza di un solco quando il paziente eleva le braccia in un raggio di movimento compreso tra i 45° e i 90° si tratta di una depressione tra i fasci anteriori del deltoide e uno spostamento posteriore della testa dell’omero.
Caratteristico risulta anche il “click” articolare nei movimenti discendenti del braccio, che indica il ritorno dell'omero nella sua posizione fisiologica.
solco su deltoide anteriore
Il continuo prodursi del gesto lussatorio provoca uno sfregamento eccessivo delle superfici articolari e un allungamento della capsula posteriore che con l’andar del tempo si traduce in una condizione degenerativa poiché la lussazione non si riproduce solo più volontariamente ma a seconda della posizione dell’articolazione nello spazio (lussazione posizionale).
Come si riconosce un lussatore volontario?
Durante l’anamnesi si può osservare l’esecuzione di gesti anomali, ripetuti e volontari. Inoltre il paziente difficilmente proverà dolore durante il movimento lussatorio volontario, ma avrà fastidio al trapezio e riferirà dolore in movimenti di intrarotazione dove il braccio è in appoggio su una superficie. Bisogna poi indagare anche sulla volontarietà del gesto, il gesto lussatorio sarà sempre lo stesso, generalmente lussano con più facilità l’arto dominante, quello cioè con maggiori capacità coordinative. Spesso il paziente riesce a riposizionare con il braccio lungo il fianco, la testa dell’omero, con un piccolo movimento di circonduzione del braccio.
Se dovvessimo suggerire un esame diagnostico la RMN dinamica ci darebbe la possibilità di valutare ancora meglio la volontarietà del paziente nei gesti lussanti.
Cosa può fare la Fisioterapia per questo genere di pazienti?
Purtroppo per tali soggetti la chirurgia non pare essere la soluzione migliore poiché data la volontarietà del gesto continueranno ad auto lussarsi. L’unica soluzione parrebbe quindi un trattamento conservativo in palestra sotto la guida di un fisioterapista esperto in grado di proporre esercizi mirati e seguire durante tutto il percorso riabilitativo il paziente.
Non si deve mai dimenticare che mantenere la stabilità è un fattore di fondamentale importanza per l’articolazione della spalla. Nell’articolazione gleno-omerale, la testa arrotondata dell’omero si articola con la cavità glenoidea, che è più piatta. Durante il movimento della spalla è importante che la testa dell’omero resti a contatto con la cavità glenoidea. Allo stesso tempo è importante che la cavità glenoidea vari la sua posizione in base al movimento della testa dell’omero .
Alla luce di quanto appena detto il percorso riabilitativo consterà di un protocollo di stabilizzazione della testa omerale attraverso il rinforzo muscolare della cuffia dei rotatori, recupero del controllo motorio ed esercizi di propriocezione, passando prima per una fase di controllo del dolore e riduzione della discinesia scapolare (eliminando le strategie di compenso). Lo scopo finale è quello di arrivare ad un recupero del trofismo muscolare e ad un equilibrio tra muscoli agonisti ed antagonisti
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